Il mio viaggio alla grotta di Babaji: il grande incontro

Il mio viaggio alla grotta di Babaji: il grande incontro

La grotta di Babaji ha un immenso significato spirituale. Situata nell’Uttarakhand, in India, questa grotta è venerata come destinazione sacra per i ricercatori spirituali, richiamando ogni giorno centinaia di devoti che rispondono alla chiamata del Cristo indiano.

Nel mio caso, questo pellegrinaggio stravolse la mia vita, la mia percezione di me stesso. Rivoluzionò completamente il mio percorso interiore a tal punto da creare un immenso spartiacque tra ciò che ero e ciò che sarei stato.

Durante questo viaggio gli eventi mi portarono a fare un incontro fuori dal comune, a conoscere un maestro illuminato che, da quello che mi riferì, era stato mandato proprio da Babaji per istruirmi al Kriya Yoga e ad alcune potenti pratiche spirituali.

Pertanto, con la speranza di essere d’ispirazione per tutte quelle persone che sentono un richiamo speciale verso Babaji, voglio portare all’attenzione la mia storia, una storia che non vuole elevare la mia persona a qualcosa di superiore, ma semplicemente testimoniare la Potenza del Cristo Indiano e comprovare con la mia esperienza le potenti benedizioni che si innescano quando si ricerca con impegno e devozione la Verità.

 

Riccardo Ciattini

 

TUTTO EBBE INIZIO TRE ANNI FA

 

Tutto ebbe inizio tre anni fa, quando venni a contatto con il libro “Autobiografia di uno Yogi”.

Sicuramente buona parte di coloro che stanno leggendo queste parole sanno quali meravigliose vicende sono racchiuse in questa grande opera letteraria.

Si tratta del racconto della vita straordinaria del grande Paramahansa Yogananda, dove tra storie autentiche di miracoli, grandi yogi e santi, veniamo guidati dentro i segreti più nascosti della vita e dell’Universo.

In questa opera, Yogananda non solo si fece carico di portare al grande pubblico l’antica saggezza dei maestri indiani, ma si assunse anche l’immensa responsabilità di introdurre al mondo la figura divina del Cristo Indiano: Mahamuni Babaji.

Come si evince dal contenuto di queste pagine, Babaji è il maestro assoluto del Kriya Yoga; il Maestro di tutti i Maestri, lo Yogi immortale capace di trascendere il tempo e lo spazio.

Da alcuni millenni Egli vive nei più lontani recessi delle Himalaya in compagnia di alcuni suoi devoti. La sua missione consiste nell’assistere la popolazione umana verso la realizzazione della sua unità con il Divino, offrendo a coloro che si risvegliano un ponte di trasformazione e di ricongiungimento con l’amore cosmico.

Come ho spiegato anche nell’articolo Babaji il Cristos Indiano: lo Yogi dai poteri simili al Cristo, si tratta di un avatar che vive in comunione con il Cristo e che incarna tutte le facoltà di Dio. Può assumere la fisionomia che desidera, manifestare istantaneamente ciò che vuole ma, soprattutto, trascendere il tempo vivendo in eterno nel suo corpo fisico.

Come scrive Yogananda nel suo libro Autobiografia di uno Yogi: “Le vette dell’Himalaya settentrionale, nei pressi di Badrinath, sono ancora oggi benedette dalla presenza di Babaji. Questo solitario Maestro conserva la sua forma fisica da secoli, forse da millenni” e a pag. 279 è riportata la solenne promessa di Babaji: “Non abbandonerò mai il mio corpo fisico, che rimarrà sempre visibile almeno ad un piccolo gruppo di persone su questa Terra”.

 

 

 

Ad ogni modo, per comprendere il significato storico della grotta, è suggerita la lettura del capitolo 35 del libro di Yogananda, dove viene riportata la fantastica storia vissuta da Lahiri Mahasaya, il quale incontrò fisicamente Babaji, nell’autunno del 1861, proprio dentro questa famosa sporgenza rocciosa.

Questo incontro portò Lahiri Mahisaya ad essere iniziato al Kriya Yoga e a ricevere il compito di diffondere questa potente pratica spirituale nella nuova era astrologica: il Dwapara Yuga.

Inoltre, fu sempre intorno all’area della grotta che Babaji materializzò uno splendente palazzo dorato, necessario per sciogliere l’ultimo filo karmico che impediva a Lahiri Mahasaya di distaccarsi definitivamente dalla ruota delle incarnazioni e, quindi, di raggiungere l’illuminazione.

Da allora, questa grotta è diventata uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti dell’intera India, richiamando a sé tantissimi devoti che sentivano un forte richiamo a connettersi con l’energia di Babaji, il Cristo Indiano.

 

LA PRIMA SVOLTA

 

Ma ora ritorniamo a me, alla mia storia. Perché di fronte alla lettura di questi racconti qualcosa di sconosciuto si risvegliò; come se un antico letargo si stesse destando dal profondo di me stesso.

All’inizio non riuscii a dare una spiegazione razionale a quanto stavo vivendo, ma una cosa era certa: tutto aveva origine dal forte magnetismo che sentivo per Babaji.

Con il tempo il pensiero di Babaji si fece sempre più forte nella mia mente a tal punto da sentire il bisogno impellente di approfondire questa figura spirituale tanto misteriosa quanto familiare. Sentivo un senso di profonda intimità nei suoi confronti che mi richiamava a Sè.

Cominciai, quindi, a leggere in modo vorace tutta la bibliografia presente sul Cristo indiano e a lavorare quotidianamente con la sua energia attraverso meditazioni, preghiere e mantra specifici.

Sentivo una connessione spirituale che mi attraeva e che mi faceva presagire un legame che affondava in vite passate, in epoche remote.

Ad ogni modo, mi ripromisi che sarebbero stati gli eventi della vita a confermare quanto sentivo dentro. Temevo che questa fosse solo una storia mentale che inconsciamente volevo raccontarmi per rendere più grande il mio ego spirituale, per identificare la mia mente in ulteriori castelli mentali e permettere alla mia personalità di compensare qualche mancanza di fondo.

I mesi passarono, e durante questo periodo di risveglio interiore, qualcosa mi spinse a ricercare qualcuno che in Italia avesse avuto il “merito karmico” di incontrare il Cristo indiano . Sentivo che questa persona esisteva e che dovevo conoscerla.

Così, spinto da questa indicazione interiore, le sincronie mi portarono alla conoscenza dell’unico illuminato italiano: Mikado Francescoji.

Oltre alla sua evidente realizzazione spirituale, ciò che mi fece realizzare di aver trovato quanto stavo cercando è che fu proprio Babaji a donargli questa riconoscenza spirituale di illuminato e a proclamarlo uno dei suoi ufficiali messaggeri nel lontano 2010.

Decisi quindi di contattarlo con la speranza di poter ricevere chiarezza su quanto stavo vivendo interiormente. La risposta non tardò: “Riccardo, la risposta è semplice: sei un antico allievo di Babaji. Non posso dirti a che livello perché lo devi scoprire te…indaga, ascoltati, leggi tutto su di lui e quando puoi, se senti questo forte richiamo che mi hai trasmesso, vai da lui che ti aspetta nella sua grotta a Dunagiri”.

 

IL RISVEGLIO DELLA MIA VITA PASSATA IN INDIA

 

L’incontro con Francescoji, quindi, segnò l’inizio di un nuovo punto di svolta, di un ulteriore spartiacque tra il mio passato e il mio futuro, tra ciò che ero e ciò che sarei stato.

Conobbi Mikado Francescoji il 23 gennaio 2021. Da allora, mi accompagnò durante tutto il mio apprendimento spirituale, aiutandomi a raggiungere nuove stadi di consapevolezza che culminarono con il risveglio delle prime memorie sulla mia vita passata in India.

Tale evento si manifestò dopo un intenso ritiro spirituale che feci sulle montagne toscane da un’altra grandissima anima: Alessandra Sambrotta.

Le energie canalizzate da Alessandra erano talmente alte che, dopo giorni di intense pratiche meditative, una porta si spalancò di fronte al mio terzo occhio. Un susseguirsi di filmati cominciarono ad accavallarsi davanti alla mia mente mostrandomi scenari dell’India antica.

Furono come dei lampi di luce che illuminarono la mia coscienza: mi trovavo seduto sui bordi di una strada immerso in uno stato di contemplazione; osservavo tutto senza giudizio, senza che quel frastuono riuscisse a fare presa sulla mia pace interiore.

Le immagini continuarono a susseguirsi in modo repentino, catapultandomi in scene di vita a me sconosciute. Poi, mentre la pellicola della mia Anima continuava a srotolarsi come un fiume in piena, ecco che Babaji si presentò davanti a me.

Mi trovavo seduto con altre persone intorno a Lui. Non capivo chiaramente cosa stesse accadendo in quel preciso istante, ma quello che mi sorprese di quella situazione non fu tanto il contesto in cui mi trovavo, ma il sentirmi Uno con il resto del gruppo. Ci sentivamo un’unica coscienza, un’unica mente pensante fatta di amore e beatitudine.

Ad ogni modo, i ricordi continuarono a scorrere veloci come saette: stavolta mi trovavo a parlare con Babaji, a confidarmi su qualcosa di doloroso che affliggeva la mia Anima. Senza dubbio era un nodo karmico da risolvere. Non capivo esattamente le parole che venivano dette ma sentivo la premurosità e l’amore che questo Essere mi trasmetteva in modo incondizionato.

A quel punto, il vuoto, il silenzio. Tutto si fermò.

Dopo questa scarica di visioni mi ritrovai al centro dell’Universo. Potevo vedere e sentire la Vita di tutto il Cosmo: le stelle, le galassie, i pianeti…il Vuoto Cosmico era tutto colmo di queste striature colorate che avvolgevano tutti i corpi celesti con colori meravigliosi.

Anche stavolta, l’unica cosa che potei realizzare mentalmente è che mi sentivo Uno con il Tutto, non c’era separazione ma totale Unità.

 

L’ANNO 2022: LA PREPARAZIONE ALL’INDIA

 

Come mi spiegò Alessandra Sambrotta, il risveglio di vite passate può rivelarsi una trappola identitaria che può dare all’ego ulteriori pretesti per indossare altre maschere.

C’è il forte rischio di diventare l’ombra di sé stessi e di precludere numerose opportunità evolutive solo per l’errore di rimanere attaccati a un antico passato che, al posto di aiutare, ci lega ancor di più al riflesso di quello che siamo stati.

Ad ogni modo, era innegabile che quella esperienza aveva scosso ogni poro del mio essere. Aveva destabilizzato tutto l’ordine interiore della mia Anima portandomi in un periodo di intenso cambiamento, sia interiore che esteriore.

Tra i tanti cambiamenti che emersero dopo questo risveglio, come la pubblicazione del mio primo libro con una casa editrice, ci fu la piena presa di consapevolezza che sarebbe stato il 2023 l’anno della mia partenza per l’India, un viaggio che ormai aspettavo di fare da anni e che mi avrebbe condotto proprio lì, alla grotta di Babaji.

 

IL DOLORE PRIMA DELL’INDIA

 

Confrontandomi con Mikado Francescoji, egli mi spiegò che questi viaggi spirituali attivano una serie di accelerazioni karmiche che conducono la persona a purificare più velocemente il suo karma antico, al fine di arrivare a quell’appuntamento cosmico con la giusta energia interiore.

Se si unisce tutto questo al fatto che due mesi prima di partire per l’India era subentrato nel mio cielo astrologico un Saturno in opposizione, vi potete immaginare quanto l’Universo abbia messo a dura prova la mia forza di volontà.

Ero stato messo così tanto con le spalle al muro che ero quasi arrivato al punto di disdire tutto e aspettare che le acque si calmassero.

Qualche settimana prima di partire avevo vissuto un forte lutto in famiglia che aveva destabilizzato tutto il mio equilibrio di vita e, per mettere la ciliegina sulla torta, due giorni dopo mi lasciai dalla ragazza che credevo sarebbe stata la persona con la quale avrei condiviso il resto della vita.

Dentro di me non riuscivo a capire. Era un viaggio che stavo preparando da anni ma che per via delle restrizioni del covid mi veniva sempre impedito di fare. Ora che le cose sembravano essere pronte tutto cominciava a rivoltarsi contro.

Come potevo godermi un viaggio così profondo con una serie di lutti da dover metabolizzare? Come potevo vivere un’esperienza così profonda con un cuore in frantumi?

In questa confusione sentivo le cose sfuggirmi di mano. Non avevo mai sperimentato un dolore così forte e quindi mi trovavo nelle condizioni di alzare bandiera bianca.

Poi ebbi un’altra salvifica intuizione: contattare Mikado Francescoji e ricevere la sua guida, il suo consiglio.

Era da tanto che non ci sentivamo, ma ovviamente mi dedicò la solita attenzione di sempre e la sua meravigliosa premurosità.

Mi spiegò l’accelerazione karmica che stavo vivendo, mi fece un trattamento energetico che mi ristabilì sui piani sottili e, come se mi avesse aperto ad una nuova chiarezza, compresi che le cose si stavano smuovendo proprio perché era arrivato il momento perfetto per raggiungere l’India e Babaji.

Era una tempesta che era venuta per pulire, non per distruggere.

 

IL VIAGGIO IN INDIA

 

Anche se la partenza per l’India fu “macchiata” dallo smottamento più duro della mia vita, devo dire che le energie che incontrai sulle vette dell’Himalaya mi portarono gradualmente a ritornare nel mio centro permanente.

Durante questi 23 giorni di viaggio, l’India mi ha mostrato la vera natura dello Spirito, fatta di bontà, presenza, amore e di una gioia spontanea che è totalmente libera dai bisogni e dagli attaccamenti esteriori.

Ad ogni modo, il mio scopo non era tanto quello di visitare la nazione in sé, ma di ritornare in un posto in cui la mia Anima aveva vissuto anticamente e che, per qualche ragione profonda, mi veniva richiesto di tornare per far visita alla grotta di Babaji.

Passai i primi dieci giorni del viaggio nell’Ashram del grande Mahavatar Babaji di Heirakhan, affinché potessi stabilizzare la mia energia a un’ottava superiore e prepararmi alla grande esperienza che nei giorni successivi avrei fatto nella grotta del Cristo indiano Babaji.

 

 

In quei giorni ebbi anche la possibilità di scalare la sacra montagna del Piccolo Kailash, la quale è considerata un potente luogo di purificazione karmica poiché, secondo la tradizione induista, è la casa dove dimora Shiva. Ma su Babaji di Heirakhan e il Monte Kailash farò un articolo a parte.

 

NOTA: Molte persone sono convinte che Mahavatar Babaji (vissuto tra il 1970 e il 1982) fosse la reincarnazione di Mahamuni Babaji ma, tuttavia, si tratta di una falsità che non ha fondo di verità. Il termine “Babaji” non è un nome ma bensì una dicitura, un’espressione indiana che prende il significato di “Riverito” o “Santo Padre”. In India, sono tanti gli Illuminati che hanno portato addosso questa espressione di riconoscimento. Non c’è quindi motivo per accostare queste due Anime Realizzate, poiché come afferma lo stesso Mikado Francescoji: ” Sri Babaji di Harikhand ha affermato più volte di essere la reincarnazione di Hairakhanwa Baba (1840-1922), un Essere di Luce Indiano che ha fatto nel suo tempo migliaia di miracoli “.

Comunque, tornando a noi, dopo dieci giorni di totale immersione nelle vallate himalayane, giunse il grande momento di spostarmi dall’Ashram di Heirakhan a Dwarahat, ovvero la cittadina più vicina alla grotta di Babaji e che, data la sua vicinanza, avrei usato come punto di appoggio per pernottare.

 

LA CHIUSURA DI UN CAPITOLO

 

Quando giunsi a Dwarahat le cose che mi colpirono più di tutte furono due: la prima era l’energia del luogo che trasmetteva un senso profondo di pace nonostante il classico trambusto delle città indiane. La seconda è che avevo “casualmente” prenotato il mio pernottamento in un b&b gestito da una famiglia di devoti del Cristo Indiano.

Mi ritrovai a vivere per due giorni in una stanza tappezzata da foto di Babaji, Yogananda, Gesù e tanti altri maestri che mi fecero presagire di essere nel posto giusto al momento giusto.

Ma se la mano invisibile di Babaji era sempre più evidente durante ogni mio spostamento, quella sera successe qualcosa di ancora più sincronico che mi diede ulteriore conferma della sua Presenza.

Il viaggio per Dwarahat mi richiese uno sforzo fisico incredibile viste le sette ore di viaggio per arrivare nella cittadina indiana, alternando strade sterrate di montagna a condizioni di viaggio estreme. Pertanto, decisi di passare la restante giornata all’insegna del riposo, immergendomi più a fondo nella lettura del libro “Per diventare un libro vivente” di Omraam Mikhael Aivanhov.

Questo libro è senza dubbio una pietra miliare della letteratura spirituale, in cui sono raccontate le vicende di vita dell’illuminato Aivanhov, un grande Maestro di origine bulgara che insegnò per gran parte della sua vita in Francia, aiutando numerosi aspiranti spirituali a raggiungere la piena realizzazione di sé.

Come si evince dalle vicende del libro, durante il suo viaggio in India Aivanov ebbe l’onore di incontrare fisicamente Babaji e di condividere con Lui parte del suo soggiorno nel paese indiano.

Per riprendere un passaggio del libro, Aivanov descrive così Babaji: “Voi vorreste che vi parlassi di Babaji, ma l’essenziale non può essere detto. Prima di tutto egli stesso non racconta nulla che lo riguardi: non si conosce nemmeno la sua età. Alcuni anziani che lo avevano incontrato quando erano bambini, mi hanno assicurato che il suo volto non era cambiato da allora“.

E continua: “In apparenza, non c’era nulla che distinguesse Babaji da altri yogi. […] Quando è intenzionato a lasciarsi avvicinare, si mostra molto semplice. Spesso sta familiarmente semidisteso. Ma quello che si nota per prima cosa è il suo sguardo, profondo, splendido, colmo d’amore“.

Per quanto possa sembrare inverosimile, mi ritrovai a leggere questo capitolo proprio il giorno prima del mio arrivo alla grotta di Babaji. Non due giorni prima, non cinque giorni dopo, ma quella sera stessa in cui le circostanze esterne mi avevano costretto, in un certo senso, a concedermi un momento di riposo per riprendermi da quel tragitto distruttivo.

Inoltre, se si pensa che questo libro mi venne consigliato da Alessandra Sambrotta il giorno stesso in cui risvegliai le memorie della mia vita passata in India, si può vedere chiaramente come questa casualità andava a inserirsi dentro un Disegno più ampio per la mia Anima

Con la conclusione di quel capitolo, sentivo che si era concluso anche un importante capitolo della mia vita che aveva avuto inizio anni prima.

Cominciai, quindi, a ripensare a quanto avevo vissuto in questi ultimi tre anni. Tutte quelle sincronie che mi avevano condotto a incontrare persone meravigliose, a vivere situazioni che mi avevano fatto crescere e che mi avevano portato ad essere proprio lì, sperso su quelle vette himalayane, in direzione di quella grotta che per qualche motivo sconosciuto mi richiamava da tempo.

Avevo risposto a una chiama del cuore e ora ero lì, spoglio di tutto, pronto ad abbracciare l’ignoto.

Qualcosa mi diceva che ero pronto, che tutto era andato come doveva andare e che ora era giunto il momento del grande raccolto.

 

IL VIAGGIO VERSO LA GROTTA

 

Situata in cima al Monte Dunagiri, la grotta rappresenta un punto di pellegrinaggio di importanza mondiale, richiamando ogni giorno centinaia di devoti che rispondono alla chiamata di Babaji.

Da questo piccolo anfratto naturale la scienza del Kriya Yoga si è diffusa in tutto il mondo, poiché fu proprio in questo luogo che Lahiri Mahasaya ricevette da Babaji l’iniziazione a queste potenti tecniche yogiche e l’incarico di diffonderle a tutti gli aspiranti spirituali del mondo.

Per arrivare in questo luogo è necessario prendere uno share-taxi da Dwarahat in direzione Dunagiri, un piccolissimo paesino situato sull’omonima montagna himalayana. Dopodiché dirigersi verso il sentiero montano che, tra fitti boschi e paesaggi pittoreschi, porterà direttamente all’entrata della grotta.

L’unico appunto che sento di fare per coloro che sentono l’esigenza impellente di andare alla grotta, è che da Dunagiri all’imbocco del sentiero montano ci sono altri dieci minuti di macchina. Pertanto, quello che consiglio di fare è di mettersi d’accordo a Dwarahat con il taxista e, con un’aggiunta di qualche centinaia di rupia, vi porterà direttamente all’imbocco del sentiero.

Ovviamente tutto può succedere in India, in particolar modo in queste luoghi dove le persone vivono la quotidianità a modo tutto loro. Nel mio caso, il taxista dopo essere arrivato a Dunagiri mi spiegò che non poteva più portarmi come pattuito alla grotta, ma che sarebbe stato un suo amico del posto a portarmi con il suo trattore a destinazione.

Sì, la mia entrata in scena nel luogo più atteso della mia vita la feci su un trattore.

 

IL GRANDE INCONTRO

 

Erano passate due settimane da quando, il 28 febbraio 2023, atterrai nella grande megalopoli di New Delhi. Da quel giorno tante furono le esperienze che mi avvicinarono a quella vasta gamma di pratiche spirituali presenti nella grande India.

Tuttavia, come già sottolineato, questo viaggio non nasceva dal semplice desiderio di approfondire la cultura indiana, ma da una vera e propria chiamata del cuore che desiderava ardentemente vivere quel luogo considerato sacro da una moltitudine di ricercatori spirituali: la grotta di Babaji.

Dopo tanti anni di attesa mi trovavo proprio lì, a un passo da quella piccola sporgenza rocciosa di cui avevo tanto sentito parlare e che nel giro di poco avrei abbracciato con la mia Anima. L’unica cosa che mi divideva da quel luogo era una scarpinata di circa un’ora.

M’incamminai quindi all’interno della montagna mantenendo a mente quelle poche indicazioni che mi aveva dato il contadino:  proseguire sempre a dritto fino a quando non avrei trovato la grotta.

Sembrava molto semplice a dirsi, ma la realtà dei fatti si rivelò molto lontana da quelle parole.

Mentre stavo proseguendo per il sentiero mi trovai subito davanti a un bivio che non fece presagire niente di buono. Il cartello indicava due direzioni: una a destra e una a sinistra.

Niente di preoccupante se non fosse che i nomi dei luoghi indicati erano segnate in lettere indiane. Ed era una cosa insolita visto che tutti i cartelli in India sono segnati sia con le diciture indiane che con quelle classiche.

Inoltre, nonostante l’importanza di questo luogo non c’era traccia di devoti, sadhu o persone che fossero intenzionate a raggiungere la grotta. La desolazione più assoluta.

Bene, dissi. Si comincia bene. E ora dove vado? Mi fermo qua finché non arriva qualcuno? E se non arriva qualcuno?

Neanche il tempo di realizzare pienamente queste domande che, come un’apparizione miracolosa, si presentò dietro di me un signore vestito tutto di arancione. Era uno Swami, un maestro illuminato.

 

 

SWAMI ATNANDA

 

Senza pensare troppo all’incredibile sincronia che si era creata, mi rivolsi immediatamente a lui per chiedere indicazioni su come arrivare alla grotta di Babaji. Mi guardò attentamente, come se stesse soppesando qualcosa all’interno della mia Anima, poi con un sorriso beato mi fece cenno di seguirlo e di proseguire insieme visto che anche lui si stava dirigendo proprio lì.

Questa persona emanava chiaramente una luce fuori dal comune di cui faccio fatica a darne una descrizione a parole. Fatto sta che cominciammo a fare conoscenza e a condividere informazioni sulla nostra vita. Il suo nome era Swami Atnanda ed era stato allievo per 15 anni di un colosso della spiritualità indiana: Bhagawan Nityananda.

Insegnava a Rishikesh, dispensando insegnamenti a tutti coloro che si sentivano attirati dalla sua saggezza. Aveva dato tutto a Dio, nel senso che aveva abbandonato ogni cosa per dedicarsi completamente alla piena realizzazione del Divino.

Tale era il suo voto a Dio che i suoi possessi erano pressoché nulli. Aveva una macchina che usava sia per spostarsi, sia come tetto per dormire – come ho potuto costatare di persona il suo letto era posizionato nei sedili posteriori.

Non aveva quasi niente se non quelle poche cose per non rimanere tagliato dalla società.

Mi spiegò che anche lui aveva risposto a una chiamata di Babaji e che, secondo le sue testuali parole, questo incontro era avvenuto per volere di Babaji. Mi disse che se mi trovavo di fronte a lui non era tanto perché dovessi fare la sua conoscenza, ma perché mi istruisse spiritualmente.

Mi promise, per questo, che dopo la visita alla grotta mi avrebbe iniziato al Kriya Yoga e consegnato alcuni strumenti potenti per la mia crescita spirituale.

Se ripenso ancora a tutta quella serie di repentini avvenimenti mi vengono i brividi, ma in quel momento non fui capace di realizzare a fondo quanto stava avvenendo. Un pò per lo sforzo mentale di comprendere il suo inglese, un pò perché la fatica di quella salita era immane.

Swami Atnanda, infatti, mi spiegò che tale è la potenza di quel luogo che molti devoti cominciano il loro pellegrinaggio da Rakineth – una città che dista 200 chilometri dalla grotta – in modo da stabilizzare gradualmente il loro corpo fisico a quelle potenti scariche di energia.

Effettivamente giorni prima avevo scalato il Piccolo Kailash (circa 3000m) senza accusare alcun tipo di problema fisico, mentre dopo neanche venti minuti di trekking mi trovavo con forti dolori al petto, fiato corto, giramenti di testa e confusione mentale.

 

 

L’ESPERIENZA DENTRO ALLA GROTTA

 

Il percorso di salita fu davvero duro per il mio corpo fisico, ma un balsamo per la mia Anima.

Ricordo che durante le conversazioni con lo Swami, mi capitò di posare lo sguardo su alcuni punti del bosco a me familiari, che evocarono ricordi davvero antichi per la mia Anima. Ma anche se si trattò di una sensazione mai provata in vita mia, non gli diedi più di tanto peso. Preferii rimanere concentrato sul momento presente, il quale mi stava richiedendo, tra incontri improvvisi e cambiamenti energetici in atto, una certa lucidità mentale.

Decidemmo, quindi, di fermarci per riprendere fiato e riportare centratura in tutto il corpo. Fu proprio durante questo momento di rilassamento che lo Swami mi passò una delle prime tecniche che, nel corso della giornata, mi avrebbe consegnato per volere di Babaji.

Era una semplice tecnica di purificazione attraverso l’utilizzo della porta del terzo occhio. Niente di impegnativo rispetto a quelle successive in cui sarei stato iniziato al mondo del Kriya Yoga attraverso pratiche più complesse.

Ad ogni modo, ristabilitomi dal forte scombussolamento energetico, riprendemmo il passo e nel giro di qualche minuto arrivammo a destinazione.

Il luogo rispecchiò perfettamente le mie aspettative: si trattava di un posto che emanava un’aura talmente potente tale da portarti subito in uno stato di beatitudine e di totale rilassamento. Era davvero un’oasi spirituale, un paradiso terrestre dove il Cielo si univa con la Terra.

Quando entrai nella grotta percepii subito un cambio di paradigma, come se non stessi entrando in una semplice rientranza naturale, ma in una nuova dimensione fatta di pace e serenità.

Rimanemmo in meditazione per almeno venti minuti, incanalando tutta l’energia del Cristo Indiano che, in quella grotta, era presente in modo potentissimo.

Come mi spiegò Swami Atnanda, l’energia della grotta dona al devoto una potente armonizzazione dei chakra squilibrati, conducendolo in un immediato senso di benessere totale. Ma non solo: l’energia della grotta possiede dei codici energetici talmente potenti tali da permeare il subconscio della persona e velocizzare il raggiungimento del Nirvana attraverso la purificazione dei suoi samskara, ovvero di tutte quelle tendenze inconsce e comportamenti automatici che la tengono incatenata nella ruota delle incarnazioni (samsara).

Uscire da quella grotta, quindi, significa uscire rinnovati di una nuova frequenza vibratoria che permette di vedere, sentire e percepire secondo paradigmi differenti. Non si esce solo trasmutati su piani più consci, ma anche totalmente trasformati su piani più inconsci.

 

Alcune foto che ritraggono momenti dell’esperienza. La prima foto è semplicemente uno scatto di Swami Atnananda.

L’INIZIAZIONE AL KRIYA YOGA

 

Quando uscimmo dalla grotta, lo Swami mi fece cenno di seguirlo indicandomi un’altra rientranza che si trovava poco più sotto della grotta principale e che, secondo le sue parole, era un luogo energetico ancor più potente. Lì mi avrebbe iniziato al Kriya Yoga.

Devo dire che imparare il Kriya Yoga era sempre stato uno dei desideri più intimi del mio cuore, ma mai nella vita avrei pensato di impararlo proprio lì, in quel luogo sacro dove Babaji iniziò Lahiri Mahasaya. Era un parallelismo alquanto incredibile che mi destava non poche riflessioni.

Stavo realizzando attraverso l’esperienza diretta il potere infinito di Dio. Un potere che riesce a dare una geometria perfetta ad ogni attimo della nostra esistenza, conducendoci sempre nel posto giusto al momento giusto.

Rivoltandomi indietro, mi accorsi che anche nei momenti di smarrimento ero sempre dentro un piano più grande. In ogni evento della mia vita c’era sempre stato un filo comune che mi aveva condotto dove dovevo essere, e ora ne coglievo il senso, il Disegno dietro tutto questo.

Ad ogni modo, quando arrivammo all’interno di questa rientranza, lo Swami mi chiese di sedermi e di ascoltare le sue parole: sottolineò ancora una volta l’importanza del nostro incontro, il quale mi assicurava fosse stato voluto da Babaji. Poi, con un tono più autorevole e deciso, cominciò a spiegarmi l’importanza del Kriya Yoga, spiegandomi i funzionamenti sottili che questo tipo di pratica riesce a portare sul praticante.

Il Kriya Yoga si occupa di liberare i contenuti interiori del praticante, samskara e tendenze, per lasciare così uno spazio libero alla discesa dell’energia di Dio, di Shiva.

Questo avviene attraverso il risveglio dell’energia della Kundalini – mediante tecniche di asana, bandha e soprattutto pranayama – la quale possiede il potere di purificare tutte le tendenze antagoniste che impediscono alla persona di entrare in comunione con l’Assoluto.

Con la pratica costante del Kriya Yoga, questa energia spirituale (di tipo femminile) si solleva dal primo chakra per salire lungo la spina dorsale in cerca dell’unione con Shiva (energia maschile), presente nel chakra della corona.

Tuttavia, onde evitare che qualcuno provi a fare queste tecniche senza prima il beneplacito di un Maestro autorizzato, ho deciso, dopo un’attenta riflessione, di omettere il nome delle tecniche e anche tutti gli eventi avvenuti durante l’apprendimento.

Se nella pratica del Kriya Yoga è richiesta la presenza di un Satguru, ovvero di un Maestro che è Uno con Dio, è perché Esso può aiutarci con la sua Grazia a diminuire drasticamente gli effetti collaterali della danza della Kundalini.

Questo perché con la liberazione della Kundalini si accelera anche il processo di liberazione dei samskara. Polarizza quella che una volta sembrava una psiche omogenea, portando alla luce tutte le impurità che si erano immagazzinate nel corso delle vite precedenti.

Ciò significa che senza una buona protezione energetica, l’ascesa di Kundalini può far vivere momenti di smarrimento, confusione e di paura irrazionale derivati dallo scioglimento di tutto il karma trattenuto inconsciamente nel corso delle vite passate.

Nel mio caso, le indicazioni che mi diede lo Swami per affrontare al meglio il risveglio della Kundalini furono queste: quando sarei tornato in Italia avrei dovuto praticare il Kriya Yoga chiedendo supporto al Cristo Indiano. Lui avrebbe vegliato su di me, concedendomi la protezione della Sua Grazia Divina, evitando così grandi disagi interiori derivati dal morso del serpente Kundalini.

 

L’ULTIMA TECNICA

 

Dopo aver ricevuto le dovute nozioni e i Kriya più adatti al il mio livello evolutivo, riscendemmo la montagna per tornare a valle.

La cosa che mi sorprese è che lo Swami volle a tutti i costi accompagnarmi con la sua macchina fino al B&b dove pernottavo a Dwarahat. Tale era la sua bontà che allungò la sua strada di oltre due ore pur di aiutarmi a tornare nella cittadina senza alcuna difficoltà.

Fu proprio durante questo tragitto che lo Swami mi consegnò l’ultima tecnica a me destinata: stavolta si trattava di un mantra segreto che, da quanto mi disse, la tradizione vuole che sia il Maestro a passare all’allievo quando viene considerato pronto a ricevere una velocizzazione del suo percorso verso l’illuminazione. Nel caso specifico dello Swami, questo mantra gli venne consegnato direttamente dal suo Maestro Bhagawan Nityananda.

Come si può intuire, per mantra segreto si intende un mantra che non può essere rivelato a nessuno, neanche al proprio coniuge o ai propri genitori. Questo perché gli effetti prodotti da questo mantra può essere sostenuta solo da una persona che è spiritualmente pronta ad accogliere tali influssi. E secondo lo Swami in me era presente il potenziale per poter sostenere questa scarica di energia superiore.

 

IL SALUTO ALLO SWAMI

 

Quell’incredibile storia si concluse proprio a Dwarahat, quando giungemmo a destinazione.

Ci sarebbe stata anche la possibilità di prolungare quell’incredibile esperienza, poiché lo Swami mi propose di rimanere qualche altro giorno con lui in modo da perfezionare quanto avevo appreso. Ma dal lato pratico era poco fattibile.

Anche se la sua destinazione era Rishikesh, destinazione dove mi sarei diretto anch’io il giorno dopo, mi spiegò che aveva da fare delle deviazioni in alcuni posti che avrebbero reso il viaggio più lungo del previsto, cosa che mi avrebbe fatto correre il rischio di ritardare l’incontro che, nei giorni successivi, avrei fatto con il grande Mahasiddha Ishaputra. Un altro grande Illuminato che aspettavo da anni di incontrare.

Inoltre, una parte di me sentiva che un giorno le nostre strade si sarebbero di nuovo incontrate, che quella non sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto. A tal proposito lui stesso mi disse: “Riccardo, quando vuoi venire a Rishikesh le porte saranno sempre aperte. Ma ti chiedo una cosa: vieni da me quando hai fatto esperienza di tutti i tuoi desideri. Dopodiché, quando avrai soddisfatto tutto e l’unico desiderio sarà Dio, torna da me e io ti porterò da Lui“.

Così, ci scambiammo il numero di cellulare e ci salutammo come due grandi amici.

 

Riccardo Ciattini

 

 

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